Scrive Patrizia (nome di fantasia), 41 anni: “Vorrei chiedere alla psicologa il suo parere su un episodio avvenuto alla festa di compleanno di mia figlia, che ha 10 anni. Abbiamo invitato le sue amiche di scuola a casa per festeggiare, e al momento del dolce una sua compagna ha rifiutato la fetta di torta dicendo “no per me no, sono a dieta”. Questa frase mi ha lasciata basita, non avevo mai visto una bambina che rifiuta un dolce pensando alla linea! E si tratta di una bambina assolutamente in normopeso. Perciò ho provato a insistere dicendo che non ha bisogno di stare a dieta e che a tutti è concesso festeggiare con una fetta di torta. Ma lei ha rifiutato di nuovo.
L’ho riferito a sua madre quando è venuta a prenderla, e lei si è messa a ridere, dicendo che in famiglia sono tutti a dieta. Sul momento non ho detto nulla, ma il buonsenso mi dice che una bambina di 10 anni deve poter mangiare con tranquillità una fetta di torta a una festa. Sinceramente ho paura che possa influenzare anche mia figlia con queste paranoie, e vorrei parlarne con sua madre ma non so come. Chiedo suggerimenti alla psicologa”.
Patrizia si trova in una situazione non facile. E’ rimasta perplessa nel vedere una bambina che rifiuta dolci perchè “a dieta”, ed è preoccupata che questo atteggiamento possa influenzare negativamente sua figlia. Certamente è complicato confrontarsi con l’altra mamma sul tema dell’educazione alimentare. Nel messaggio di Patrizia si avvertono il disappunto per i messaggi educativi dell’altra famiglia e il desiderio di tutelare il benessere della figlia. La discussione rischia di sfociare in una critica molto difficile da digerire alle altrui capacità genitoriali, e ciò potrebbe incrinare i rapporti non solo tra le due mamme, ma anche tra le due bambine.
Credo siano importanti alcune premesse. La sola frase “no, sono a dieta”, per quanto forte e inaspettata da parte di una bambina di 10 anni, non è sufficiente per stabilire che ci si trova di fronte ad una condizione patologica. Dalla risposta dell’altra mamma pare che tutta la famiglia sia a dieta. Dunque è possibile che la bambina abbia semplicemente ripetuto una frase pronunciata spesso dai suoi cari, emulando il rifiuto di dolci. Ciò non significa necessariamente che la bambina attui abitualmente delle restrizioni alimentari per il controllo del peso corporeo.
Non conoscendo la bambina, è importante considerare che non tutti i bambini amano i dolci. Dietro alla sua frase può anche stare un messaggio come “non ho fame”, “non ne ho voglia”, “non mi piace”. Vorrei ridimensionare la preoccupazione di Patrizia ampliando i significati che potrebbero stare dietro ad una semplice frase. Soprattutto perché mancano più osservazioni che portino lo stesso atteggiamento.
Altra importante premessa è che in ogni famiglia ci sono i periodi di “dieta severa” per perdere qualche chilo accumulato. Ma è bene non passare ai bambini il messaggio che per essere belli bisogna essere magri e mangiare poco, bandendo del tutto alcuni cibi. Va invece spiegato che si sta migliorando l’alimentazione per migliorare la qualità della vita e stare bene.
Detto questo, è importante che tutti possano partecipare ai momenti di festa condividendo il rituale del dolce “a cuor leggero”, senza il pensiero dell’apporto calorico, ma semplicemente gustando un cibo goloso mentre si sta bene in compagnia. Per prendersi cura della propria salute non serve rinunciare drasticamente ai dolci con l’obiettivo di dimagrire. Bensì è importante educare tutta la famiglia a mangiare bene e a condurre uno stile di vita sano. Il miglior modo per educare i bambini è dare loro il buon esempio, promuovendo un’alimentazione sana e prendendosi cura del proprio corpo per piacersi e stare bene.
Certamente sarebbe meglio se una bambina di 10 anni non rifiutasse i dolci portando come motivazione la frase “sono a dieta”. Soprattutto perché si trova alle soglie della preadolescenza, età caratterizzata dalle trasformazioni del corpo, dall’insicurezza e dalla ricerca di approvazione dei coetanei. Una bambina in normopeso che sembra dedicare molta attenzione al controllo dell’apporto calorico dei cibi potrebbe essere predisposta a sviluppare un disturbo del comportamento alimentare. Si tratta solo di una possibilità. Ma un comportamento simile ripetuto nel tempo e associato ad altri fattori potrebbe essere un campanello d’allarme di una condizione potenzialmente patologica.
Patrizia sembra aver colto il rischio che la compagna della figlia possa sviluppare un rapporto non sano con l’alimentazione e con il proprio corpo, e teme che sua figlia possa esserne influenzata.
Non conosco il grado di confidenza che Patrizia ha con l’altra mamma. Se fossero semplici conoscenti e lei non si sentisse a proprio agio nel parlarle apertamente, potrebbe intervenire in modo indiretto con un’azione ad ampio raggio. Ad esempio proponendo a genitori e insegnanti della classe un percorso specifico di prevenzione. Sono molti i professionisti preparati per parlare ai bambini (e ai genitori) di come condurre uno stile di vita sano.
La prevenzione non è mai inutile. Anzi, permette di rinforzare le abitudini positive di chi già conduce uno stile di vita sano, e al tempo stesso consente di intervenire nelle situazioni potenzialmente a rischio. Sarebbe utile se Patrizia potesse confidare apertamente le sue preoccupazioni a un genitore o a un insegnante con cui ha confidenza. In questo modo avrebbe più alleati che potrebbero sostenere la sua proposta e convincere gli altri genitori dell’importanza di un intervento simile.
Attivando un approfondimento in sede scolastica e promuovendo lei stessa uno stile di vita sano alla figlia, credo che Patrizia potrà evitare uno scontro diretto con l’altra mamma e favorire la diffusione di messaggi educativi positivi, tutelando così sua figlia da atteggiamenti e comportamenti a rischio per la salute e il benessere psico-fisico.
Articolo pubblicato su AlessandriaNews.it in risposta a una domanda giunta in redazione per la rubrica “la psicologa risponde”