Scrive Erica (nome di fantasia), 33 anni: “Sono una giovane mamma e sto avendo qualche problema nel gestire l’arrivo del mia seconda figlia Elena, ora di 10 mesi, da parte della mia primogenita Martina, di 4 anni. Da quando Elena è arrivata a casa, Martina è diventata assolutamente ingestibile, è evidente la sua gelosia. E’ irrequieta e quando gioca lancia per la stanza tutto quello che le capita a tiro e poi si rifiuta di riordinare. L’impressione è che voglia indispettire apposta me e mio marito.
Sono molto preoccupata anche per il rapporto tra le mie figlie. Mi è capitato di vedere Martina abbracciare Elena così forte da temere che la strozzasse. Questo mi rende difficile creare momenti di gioco che coinvolgano entrambe per paura che la piccola si faccia male. In tutto questo, io e mio marito stiamo rivolgendo a Martina molte attenzioni per cercare di smorzare la sua gelosia nei confronti di Elena. Ma mi sembra che stia diventando estremamente viziata e che pretenda sempre di più.
Come possiamo gestire la situazione perché le nostre figlie possano andare d’accordo ed essere entrambe serene?”.
Il messaggio di Erica descrive una condizione nota a molti genitori. La nascita del secondogenito richiede un’importante riorganizzazione familiare, per creare uno spazio per il neonato e trovare nuovi equilibri, in modo che tutti in famiglia possano stare bene. Si tratta di un evento “critico” che esige un cambiamento radicale delle abitudini e delle dinamiche relazionali.
Ma non sempre i familiari hanno la disponibilità e le risorse per affrontare questo stress. Soprattutto se si tratta di bambini piccoli che non hanno ancora costruito un proprio spazio esterno al nucleo familiare. Il primogenito si sente al centro della famiglia, tutti hanno occhi solo per lui, i suoi ritmi sono assecondati senza troppi compromessi. E’ del tutto normale che la perdita di questi privilegi sia vissuta con turbamento, dolore, gelosia, rabbia, bisogno di attenzione.
Nella situazione descritta, al momento della nascita di Elena la primogenita Martina aveva 3 anni. A questa età i bambini hanno un forte bisogno di affermarsi e presentarsi al mondo. Iniziano infatti a dire “io”, “mio”, “voglio”, “no”, e cominciano a sperimentare un certo grado di autonomia nella scoperta del mondo, con l’esigenza di sentire il supporto dei genitori nel momento in cui ne avessero bisogno.
Sarebbe utile approfondire ulteriormente il contesto specifico per conoscere la situazione familiare e il temperamento di Martina. Ma si può ipotizzare che la nascita di Elena, in coincidenza con questo periodo di maggior autonomia di Martina, abbia reso insicura la primogenita sulla disponibilità dei genitori a dedicarle amore e attenzione. Ciò potrebbe spiegare la sua irrequietezza, la rabbia agita nel lancio di oggetti durante il gioco, il rifiuto di limitare i suoi giocattoli entro uno spazio circoscritto, la sfida nei confronti dei genitori attraverso dispetti che sa bene daranno fastidio, il contatto a volte aggressivo con la sorellina.
In tutto questo, Martina sta dicendo chiaramente ai genitori che non ha abbastanza spazio per le sue cose, fa dispetti ai genitori così come loro lo hanno fatto a lei, prova rabbia e gelosia verso la sorellina che ha bisogno delle cure e attenzioni che ora lei non riceve più.
E’ difficile dare suggerimenti, perché ogni famiglia ha il proprio funzionamento ed esige proposte personalizzate per far fronte alle difficoltà. Restando su indicazioni generali, il suggerimento per Erica è quello di dialogare molto con Martina per dare spazio alle sue emozioni. La bambina ha bisogno di sentirsi compresa, di essere aiutata ad elaborare la rabbia che ancora esprime nei giochi e nei dispetti. Ad esempio può essere utile verbalizzare “sento che sei molto arrabbiata!“. O meglio ancora, creare situazioni di gioco con pupazzi o bambole in cui insieme si cerca di capire perché quel personaggio è arrabbiato o geloso. Attraverso l’intervento di più personaggi si potrebbe favorire una svolta della situazione e cambiare il tono emozionale del gioco.
Potrebbe essere molto utile aiutare Martina a ricostruire la propria storia visionando insieme le sue fotografie, dalla nascita (o dal pancione) sino ad ora. Questo valorizzerebbe le sue conquiste motorie e cognitive e gli episodi emotivamente significativi per l’intera famiglia, facendola sentire amata e ammirata per come è adesso. Questa attività potrebbe aiutare la bambina a sentirsi pensata dai genitori, ed eventualmente a vivere come meno ristretto lo spazio fisico nel momento in cui si sentirà accolta nello spazio mentale di mamma e papà.
Riguardo al rapporto tra le due sorelline, Erica potrebbe nominare Martina come sua aiutante nei momenti di accudimento di Elena, dal bagnetto, al cambio pannolino, a tutto ciò che la mamma si sentirà di delegare alla primogenita, ovviamente in sua presenza: queste piccole responsabilità e collaborazioni con la madre potrebbero favorire in Martina un atteggiamento di cura nei confronti della sorellina, che potrebbe lentamente sostituire il vissuto di gelosia e rivalità attuale.
Per concludere, vorrei rassicurare Erica sulla paura di viziare Martina: i genitori rischiano di viziare i propri figli quando donano loro tutti gli oggetti che desiderano e senza alcun rinvio, ma le richieste di attenzione a cui seguono momenti di coccole, gioco, condivisione emotiva e dialogo offrono ai bambini la sicurezza necessaria per sentirsi amati, tanto da poter scendere a compromessi con i genitori e collaborare per la costruzione di nuovi equilibri, in cui essi continueranno a ricevere amore e sostegno.
Articolo pubblicato su AlessandriaNews.it in risposta a una domanda giunta in redazione per la rubrica “la psicologa risponde”